ASS. CULT. PINDOC ONLUS
Wood Mu’
Interprete e coreografa Benedetta Capanna
Luci Danila Blasi
Wood – Mù è il primo quadro del progetto Di Legno e fuoco. Rinasciamo e moriamo a noi stessi tante volte e guardando indietro sembra di aver vissuto più vite in una sola esistenza. I colori e le immagini frammentate che ci invadono in modo confuso, con il corpo danzante diventano chiare e ci attraversano facendoci sentire parte di un tutto. Il legno che ha bisogno dell’umidità dell’acqua per vivere, è la primavera col suo tempo ventoso, è il bambù forte e flessibile, il colore verde e l’ Oriente. E’ connesso al fegato, alle articolazioni, allo spazio e rappresenta il movimento in tutte le direzioni. E’ Hun, lo spirito responsabile di ogni viaggio dell’anima.
compagnia La Fenice
Chi nasce tondo non può morire quadrato
di Elio Crifò
con Elio Crifò e Emy Bergamo
E’ un’immersione nei fondali incantati della filosofia al ritmo di blues e atmosfere jazz. A volte musica e parole interagiscono fra di loro, a volte si sovrappongono, creando un concerto-spettacolo di rara intensità emotiva. Si parte dagli “opposti” di Parmenide per inabissarsi nell’eterno ritorno di Nietzsche, poi nella forza dell’inconscio di Schopenhauer, poi nelle grandi intuizioni di Emanuele Severino, poi nelle critiche di Umberto Galimberti e Tiziano Terzani… sino alla relatività di Einstein e capiremo, alla fine del viaggio, che oggi abbiamo una concezione dell’Universo identica a quella di 2600 anni fa! La filosofia ha battuto la scienza già da millenni.
compagnia I Poeti Estinti
Onore Clandestino
con Massimo Sconci
Musiche, Audio/Luci Jose de la Paz
Assistente alla Regia Gioia d’Angelo
Regia e drammaturgia Massimo Sconci
Il personaggio principale di tutta la storia è Ulisse, un venditore di rose straniero che si ritrova in un Paese dal profumo di fiori, ma che ha perduto l’odore di umanità.
Per tutti gli italiani egli è “Nessuno”, e nel suo continuo viaggio per il ritorno a casa, si confronta con Gino, venditore di pesce marcio, Aladdin, barbone di origine araba appassionato di hummus, e Kirikù, un clandestino segregatosi da solo in una casa popolare.
Onore Clandestino vuole essere uno spunto di riflessione sulla condizione di guerra silenziosa in cui si trova oggi il Nostro Mondo. La messa in scena è ridotta all’essenziale, con Massimo Sconci in veste di autore e narratore che ci racconta la storia di cittadini e persone ancora capaci di osservare e di guardarsi attorno.
Una vicenda che è quella di tanti altri individui invisibili, personaggi ironici e amari, in una condizione umana che non cede e continua a resistere.
Abbiamo scelto personalmente la forma del teatro di narrazione, che si avvale come unico strumento tecnico (oltre alle musiche) di una sedia di legno, decontestualizzata e utilizzata, assieme al corpo, all’energia e alla voce dell’attore, come elemento narrativo e rappresentativo. Questa forma espressiva di comunicazione, in tutto il suo minimalismo, è per noi la più adeguata a trasmettere le giuste emozioni di un’esperienza umana oltre che artistica.
L’intero spettacolo è un percorso indipendente che spero vada a confluire nella finalità di un nuovo modo di vivere e raccontare l’immigrazione, con l’intento di ricostruire una memoria collettiva attorno alla quale recuperare il concetto e la forza di una comunità in un Paese che, senza falsa retorica, sembra aver perduto il buon senso dettato dalla ragione.
compagnia I nani Inani
Il Vampa
di Enrico Maria Carraro Moda
con Larissa Cicetti e Enrico Maria Carraro Moda
regia Enrico Maria Carraro Moda.
Produzione I Nani Inani
Analisi dei fatti accaduti tra il 1951 e il 1986 nella zona del fiorentino e di quello che tutto conoscono come il “Mostro di Firenze”.
Le vicende del “Mostro” sono viste e narrate con gli occhi dell’uomo “mostro”.
Il mostro è un uomo.
Cosa spinge un uomo ad essere apparentemente mostruoso? Quanti processi ha subito l’uomo, come li ha vissuti e superati. Da chi si è contornato?
La sua famiglia è vittima o complice?
Chi sono i suoi COMPAGNI DI MERENDE.
L’obbiettivo principale di questo lavoro è restituire in chiave spettacolare tutto quello che è stato il vissuto processuale del celeberrimo Pietro Pacciani. (vissuto processuale perchè è l’unico documento reperibile in cui si può vedere quest’uomo in azione). Tutto questo con voce e fattezze femminili per restituire la finta dolcezza che Il Pacciani spesso utilizza.
Compagnia Raizes Palermo
Rose Selvatiche
con Irene Ciani, Elisa Novembrini, Jacopo Provenzano
Testo e regia Alessandro Ienzi
Rose selvatiche liberamente ispirato alla vita, alla lotta e alla dignità di Nasrin Sotoudeh, giovane e coraggiosa avvocatessa di nazionalità iraniana, condannata a quasi quattro decenni di carcere e a 148 frustate, per essersi distinta nella sua attività di affermazione e diffusione dei diritti umani nel suo paese, in cui la sospensione degli stessi si risolve in una soppressione delle libertà democratiche e dei diritti civili e politici, relegando, in particolare le donne, in una posizione più che marginale.
Moglie e madre di due figli, Nasrin, non ha interrotto la propria attività legale e di tutela neanche a seguito di diverse condanne, che l’hanno tenuta lontana dalla famiglia e costretta in stato di detenzione.
L’ultima condanna ha determinato l’insorgere di proteste internazionali e dimostrazioni di solidarietà da parte di Amnesty International e di Consigli dell’Ordine degli avvocati, di diverse città italiane.
Rose salvatiche nasce con il naturale intento di dare voce, mediante il teatro, ad una vicenda che seppur conosciuta, rimane soffocata dalla bagarre di inutili commenti su altre vicende attinenti alla negazione dei diritti umani che vede oggi il nostro Stato e le nostre istituzioni massimi protagonisti di strumentalizzazioni propagandistiche degli stessi.
Rose selvatiche si inserisce, dunque, in questo solco in cui la negazione dei diritti umani costituisce privilegiato strumento di pubblicità mediatica e vuole, costituire una valida alternativa di riflessione sul punto.
La ricerca teatrale sarà incentrata sulla scrittura di un testo inedito e originale, e nella creazione di immagini e atmosfere, che diano voce ai luoghi interiori ma mai colmi di pietismo, che appartengono a questa vicenda e a questa voce.
Gli attori sul palco privi di qualunque appiglio, privi di scenografie, si avvarranno dei propri corpi, delle proprie voci e interpretazioni per costituire una storia collettiva somma di tante storie individuali.
Rose selvatiche è la storia di Nasrin e di chi con garbo si oppone alla prepotenza del più forte e con pazienza tenta di costruire una realtà fondata su principi opposti da quelli veicolati dai più; è la storia di chi fa del silenzio una grande voce; la storia di chi è capace di rinunziare senza fare della rinunzia una propaganda; è la storia di chi accetta ma non si arrende; la storia di una donna, che lotta per le donne ma si presenta come un essere umano e non come una comune femminista.
Rose selvatiche, si pone l’obiettivo di narrare con garbo l’urlo di vita di Nasrin.
Alessandro Ienzi
compagnia Daf – Teatro dell’Esatta Fantasia
A bella ‘mbriana
di Roberto Castello, Maria Maurigi, Antonio Muro
con Roberto Castello, Maria Maurigi, Antonio Muro
Regia Maria Maurigi
Napoli. In Via Chiatamone c’è un palazzo fatiscente. Il comune avvisa: “Va demolito”. Le famiglie finiranno in strada. Ma sei inquilini non si danno per vinti. Sono Carminella, donnone proclamatosi portinaia; Gerardo, paranoico chiuso in casa da anni; Peppe, omosessuale col sogno della musica; René, convinta di essere francese; Enzo, vigile attaccabrighe e Guido, professore dall’animo diplomatico. I sei si riuniscono e l’idea scappa quasi come una battuta. Un omicidio. Non si può demolire una scena del delitto. Ma chi sarà la vittima? Chi il carnefice? E, soprattutto, come si uccide un uomo?
Centro culturale mobilità delle arti
Solitaria Moltolieta
di Carlotta Solidea Aronica e Clarissa Rollo
con Alice Bertini e Clarissa Rollo
Regia di Carlotta Solidea Aronica e Valeria Iovino
È domenica, sono le cinque. Il sole si alza sul lago, non trova nessuno a salutarlo, a quest’ora si dorme. Il lago, che ha fatto le ore piccole, si spaparanza sul suo letto. Proprio quando sta per addormentarsi arriva qualcuno a tirargli via la coperta. È una donna sui settant’anni, Maddalena. Indossa sei paia di calzini, cinque gonne, quattro giacche, tre sciarpe, due guanti e un gran bel cappello. Non è diretta in alcun posto, ma sembra essere in una frenetica, frustrante, febbrile ricerca di qualcosa. La trova nell’acqua. È lontana, di spalle, con un velo sul capo e il lago sotto le ginocchia. Anche lei è in cerca di qualcosa. Se Maddalena potesse vederla meglio saprebbe che anche lei ha sei paia di calzini, cinque gonne, quattro giacche, tre sciarpe e due guanti, ma non porta il cappello. Maddalena avanza verso il centro del lago, per guardarla meglio. Si scambiano due parole che nessuno può sentire, finché, senza alcun motivo apparente, la donna del lago, anche lei intorno ai settant’anni, mette le mani al collo di Maddalena, e comincia a strozzarla. Da questo momento in poi le due protagoniste saranno travolte da un turbinio di giovinezza che le porterà, a poco a poco, ad affrontare le varie fasi della loro vita ma soprattutto a diventare l’una indispensabile per l’altra. Tutto finirà quando l’acqua del lago avrà bagnato le loro teste. Ma questo sarà solo l’inizio.
Compagnia Patti/De Liberato con il sostegno del Gruppo della Creta
Passando la notte sott’acqua
di Lorenzo De Liberato
con Giorgia Ferrara Federica Valloni
progetto sonoro Filippo Lilli
scene Giovanna Marino
assistente alla regia Laura Morelli
foto Morris Paganotti
regia Stefano patti
con il sostegno del GRUPPO DELLA CRETA
un ringraziamento a Maura Teofili e Francesco Montagna di Carrozzerie n.o.t
Kay dorme poco, da qualche tempo il sonno fugge da lei senza una spiegazione concreta, almeno così sembrerebbe, lasciandola in balia della notte, una notte che la stritola e riesce ad alienarla come nessun’altra cosa. L’insonnia è venuta dal nulla e, per quanto ne sappia, a nulla è dovuta. Eppure in un certo momento l’orologio di Kay deve essere impazzito. Accoccolata nel suo tacere, Kay non riesce ad ammettere né ad ammettersi: non confessa paure, timori, desideri o debolezze. Recrimina e si nasconde… e perde. Sintonizzata sull’unico programma radio capace di confortarla, ascoltando il cupo cinismo di “Billie The Beast”, Kay annega con un’unica, insaziabile voglia in corpo… Respirare.
Compagnia Y.Petrillo/Cie Twain
Nothing to Declare
Musiche di Alessandro D’Alessio
Interprete Caroline Loiseau
Coreografia Yoris Petrillo
“Nothing to declare”. Niente da dichiarare.
Frase simbolo di una generazione, quella degli anni 2000, che vive nella costante rincorsa di ciò che è smart, low cost, last minute; quasi un’inno all’improvvisazione, ad esser sempre pronti, ma mai preparati. Grazie alle nuove tecnologie, smartphone, voli lowcost, car sharing, tutto è più vicino, più stressante. Sempre online, sempre connesso, sempre controllato; vediamo costantemente la posizione di tutti coloro che utilizzano i social network. Le nostre immagini sono ovunque in rete, tutto ciò che avviene delle nostre vite sembra non avere importanza se non riceve sufficienti “like”. Le connessioni umane vengono filtrate e protette dal mondo esterno, gli auricolari stordiscono il nostro udito, smartphone, tablet e computer offuscano la nostra vista, la nostra scrittura è stata standardizzata dal battere su di una tastiera.
compagnia Collettivo Imperfetto
Progetto Antigone
Con Sofia Taglioni, Giovanni Serratore, Piero Cardano, Francesco Lamantia, Angelica Prezioso
Costumi Aurelia Laurenti
Disegno luci: Roberto Di Maio
Regia e Drammaturgia Anil Alessandro Biswas
Progetto di Anil Alessandro Biswas e Sofia Taglioni
Ci siamo interessati alla drammaturgia antica e in questo caso a quella greca per la sua capacità di rappresentare l’uomo nella sua forma essenziale e allo stesso tempo di indagare le connessioni e i cortocircuiti tra l’individuo e le leggi della stato. Siamo partiti nel cercare un contatto fra una tragedia scritta agli albori della civiltà e il nostro presente. Lo spettacolo ha il carattere di un convivio, un rito tra una conferenza e l’ultima cena. Il pubblico diventa un altro personaggio, a cui gli attori raccontano se stessi, le proprie storie, scherzano, offrono da bere e da mangiare, s’interrogano sui vari temi, improvvisano sul testo e lentamente cominciano a definirsi i personaggi, secondo le differenti posizioni sugli argomenti. È in questo ambiente, apparentemente festante, che si sviluppa la tragedia.